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CORONAVIRUS – ASCOLTA COME BUONE PRATICHE, CIBO E TECNOLOGIA CI AIUTANO A NON AVERNE PAURA

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Questo podcast è un po’ diverso rispetto a quelli che siamo soliti pubblicare su Radio IT: parla del Coronavirus, tema che abbiamo già trattato in due altre occasioni, e lo fa con un’intervista a un medico, Attilio Speciani.
Immunologo clinico, specialista in allergologia e direttore scientifico di GEK Lab, Speciani ci aiuta a capire capire eventuali aspetti tecnologici legati al virus e al contenimento della sua diffusione; prima, però, con lui ci dedichiamo ad altri punti. E cioè:

1. Perché il coronavirus non deve farci paura?
2. Le buone pratiche da adottare per evitare il più possibile il contagio?
3. Cosa mangiare per tenerlo lontano?

Coronavirus: le domande ad Attilio Speciani 

Vorrei partire dalla comunicazione sui social, con un confronto tra due dichiarazioni. Entrambe vengono da medici – i nomi non sono importanti, adesso. Uno dice: “La situazione va gestita come un incendio, facendo terra bruciata intorno all’area in cui divampa il fuoco. E non bisogna temere anche azioni brutali”. L’altro dice: “Si è scambiata un’infezione appena più seria di un’influenza per una pandemia letale. Non è così. Questa follia farà molto male soprattutto dal punto di vista economico”. Brutalmente, chi ha ragione? Il primo, il secondo, nessuno dei due?

Interessante. Direi che tendo a dare indicazione di favore, ma non del tutto, alla seconda dichiarazione. Alcuni aspetti sono effettivamente esagerati dal punto di vista della necessità scientifica. Una via di equilibrio è analizzare i numeri: uno dei motti del nostro gruppo di ricerca è “misurare è meglio che supporre. Io credo, e lo dico in buona compagnia di altri virologi, che si possano fare analogie con il passato. E’ vero, è un virus nuovo. Ma intanto è un Coronavirus, e abbiamo già imparato che virus di quel tipo si muovono con un certo tipo di andamento. E poi il Corona resta comunque un virus, che non si comporta improvvisamente in modo strano come se fosse improvvisamente piovuto dal cielo. Parliamo invece di un virus diffusivo, facilmente trasmissibile ma non letale se non per persone che hanno già condizioni patologiche evidenti.

Su Eurosalus.com, il sito da lei fondato e sul quale da quasi 20 anni fa informazione medico-scientifica, ha pubblicato alcuni approfondimenti sul Coronavirus. In uno di essi spiega che per capire la questione dobbiamo partire da due domande.  Le riprendo: la prima è su Ebola, virus letale e pericolosissimo, che però in tanti anni non è passato dall’Africa all’Europa, pur avendo da attraversare solo lo stretto di Gibilterra (e aggiungo, pur con l’intenso flusso migratorio di questi ultimi anni). La seconda è sull’essere “portatori sani” del virus: questa condizione, lei dice, potrebbe essere un fattore positivo. Le chiedo perché, ma direi di partire da Ebola.

Ebola è stato discusso ampiamente, ma è bene tornarci su. Diciamolo, quindi: Ebola ammazza, ha una mortalità di quasi il 60%. Una persona che ce l’ha o muore o sopravvive nel giro di poco, non lo trasmette. E’ tipico delle forme estremanente gravi, con focolai ristretti ma devastanti e che però si limitano nello spazio: non appena questi virus incontrano persone con una capacità difensiva evoluta, smettono di espandersi. Per il Coronavirus le cose sono diverse. Poi, chiariamo: il concetto di portatore sano è più adatto ai batteri. Per i virus è meglio parlare di persone minimamente ammalate, che portano un virus in giro come se avessero un raffreddore. In questi casi, il mio organismo produce anticorpi. Certo, io mostro sintomi tipo un mal di testa notturno, mi sveglio sudato, e posso infettare altri.  Ma questo significa che quel virus è controllabile, che può dare sì criticità ma che nella maggior parte dei casi è affrontabile. Come in questo caso.

Le chiedo di spiegarmi – e naturalmente di spiegare a chi ci ascolta – una cosa che non ho capito bene. Il paziente zero, cioè il 38enne di Codogno, prima di ammalarsi ha cenato con un 41enne appena tornato dalla Cina. Questi è risultato negativo a tutti i test, quindi non era ammalato. Che cosa è successo, allora?

Probabilmente quell’incontro non è stato decisivo. Emergono altre ipotesi, mentre noi ci siamo fermati al fatto che la malattia potesse arrivare solo dalla Cina. In realtà la gente si muove, viaggia, e sembra che qui nessuno se ne sia accorto. Io allora sono quasi contento che non si trovi il paziente zero: di fronte a Ebola lo trovi subito, così come si trovava rapidamente di fronte alle prime indicazioni di presenza dell’HIV o rispetto alla SARS. Se non si trova, è positivo. La patologia merita certamente tutta la cautela del mondo, perché non la conosciamo in maniera totale, ciò continua a confermare che ci sono in giro persone che portano in giro virus non letali. E che dire dei bambini, che paradossalmente non vengono quasi toccati dal Coronavirus ma che e sono quelli che si lavano meno le mani e si pasticciano in tutti i modi possibili? I bambini sono fatti per adattarsi alle situazioni, il loro sistema immunitario è più vispo e c’è una capacità di controllo maggiore che li protegge. 

E poi nel podcast sentirai:
– cosa bisogna fare per non farsi prendere dall’ansia di fronte ai numeri,
– come comportarsi con l’igiene personale,
– cosa mangiare per tenere alte le difese immunitarie
e altri consigli utili per affrontare questa emergenza sanitaria.

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